10 maggio 2012

GIOCHI DI FOGLIE E GIOCHI DI FOGNE




Non ero poi così immediatamente vicino all’immaginazione che andava per la maggiore e mordevo il silenzio da diverse stagioni, qualche dolore sopportabile ed altre intenzioni  ancora calpestate dagli specchi unti. Avevo troppa fame! Tutto era diverso davanti ai miei sorrisi stanchi però non avevo assolutamente deciso di smettere, anzi la mia fame cresceva a dismisura, istante dopo istante, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione…e così continuavo a mordere i silenzi dentro quell’immaginazione. Era un gioco al massacro ma alla mia fantasia  piaceva così ed io consideravo il tutto come la prima fase della mia salita verso la definitiva esplosione di tutto ciò che doveva essere cancellato per sempre: cazzate! Avevo davvero tanta fame ma evidentemente ero un coglione. Arrivò l’autunno e cominciai a far nutrire la mia fantasia di foglie quasi secche, mentre dall’altra parte della barricata, qualcuno che non mi amava per quel che ero, metteva i titoli alle mie sconfitte, si divertiva così ed io me ne fottevo, mentre c’era chi credeva di essere già in un’altra stagione o dentro un concetto vicino a qualche desiderio inespresso o forse anche abusato. L’immaginazione era l’ente supremo ed io l’umile servitore, così sembrava a tanti, così sembrava a tutti quei minchioni che giravano attorno a quel  gioco e invece io del castoro che è un ottimo roditore non me ne fregavo davvero un bel niente, io ero un appassionato di rapaci. Qualsiasi acrobazia mi riusciva quando quel genere d’ immaginazione si occupava d’altro e poi mangiavo panini imbottiti di urla e grazie al cielo non mi mancava mai una bottiglia di vino. Tutto era sospeso, tutto era vago e vagante, eppure io avevo già deciso di non smettere nemmeno per un istante e non ci credeva nessuno che io potessi  scendere giù ad accogliere la prossima stagione, perché per  la maggioranza, la prossima stagione anche avrebbe approfittato delle mie debolezze.  Per quella volta decisi di farmi una grandissima sega ma solo dopo aver bevuto due litri di vino, due litri di buon vino rosso, per dirla tutta. Di cosa avrebbe goduto  tutta quella gente senza un attimo tutto loro non me ne importava un cazzo. Non c’era per me una stagione più bella dell’altra ma avrei voluto dire tanto su quella a venire. Ero davvero molto stanco e mi feci coinvolgere  dagli eventi: un pompino qui, una scopata lì, una sega quando mi ubriacavo da solo e tanti  versi buttati giù a cazzo.  E poi ero sempre ubriaco d’amore e di vino, di vino e d’amore, talune volte mi ubriacavo anche di rivoluzione.  Non ero più giovanissimo e soprattutto mi scocciava radermi tre volte alla settimana come la maggior parte dei miei coetanei, avevo trent’anni e due figli, non avevo mai soldi ma dentro i pantaloni continuava a scoppiarmi  l’istinto e poi ero davvero in grosse difficoltà col mondo circostante. Ero  un pazzo che si sforzava di ragionare. Però “qualcosa” stava  dalla mia parte: ero cresciuto per strada, tra foglie e giochi sufficientemente violenti ed il mio quartiere era esistito davvero, tanti altri quartieri erano esistiti davvero. Quand’ero piccolo anch’io avevo una madre e lei era sempre preoccupata se stavo in casa perché era convinta che soltanto per strada avrei potuto sviluppare tutta l’altra immaginazione, quella che oggi è diventata la mia unica dottrina e forse mia madre anche questo sapeva. Credo di avere avuto una madre esemplare. Credo di avere avuto una madre molto ma molto simile a tutto quello che deve essere una madre. Tutto questo indubbiamente fa parte della vita però c’è sempre qualche gioco di merda che andrebbe immediatamente interrotto. Oggi  più che mai andrebbe interrotto per iniziare a camminare e far perdere le tracce e lasciare tutte queste fogne ad occuparsi ancora ed esclusivamente della loro puzza.

pino amaddeo

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