28 ottobre 2010

PRENDITI IL TUO TEMPO
















Sulla busta del mio tabacco
un elefante diceva “Prenditi il tuo tempo”
così l’ho preso in parola e sono uscito
e avrei voluto fare qualche passo in più
ma non sono riuscito ad arrivare
oltre il chiosco sotto casa
e lì c’era una gran folla
ad attendere il proprio turno.

Allora mi sono fatto avanti
ridicolo
col mio gilet di lana grigio
e i pantaloni unti d’olio,
come un topo fuori dalla fogna
ho arrancato fino al bancone
stringendo la mia moneta da 2 nella mano,
cercando lo sguardo del barista
impegnato a versare crema di cioccolato
dentro un bicchiere,
mentre dietro di me
uomini
e donne
e conti bancari
scambiavano parole tra loro
e io non capivo,
- davvero non capivo - .

E una donna inglese disse qualcosa sul tempo
e un uomo italiano rispose qualcosa a proposito
- in italiano –
e lei si mise a ridere
e il barista,
nel frattempo,
lasciò che un savoiardo annegasse
giù nel bicchiere di qualcuno
e vidi la crema di cioccolato
disegnare rivoli di sangue scuro
sulle pareti di vetro del bicchiere
mentre dietro di me
si andava avanti a ridere
e a far finta di nulla,
- a far finta di nulla - ,
perché era chiaro
che tra loro
non c’era comunicazione
e io pensai che se c’è una lingua
veramente universale
è quella di una donna
sul cazzo di un uomo.

E allora il barista si sporse verso di me
e io raccolsi il fiato quanto bastava per dire
“2 birre”
e subito dopo mi sentii sfinito
vinto
combattuto
e trovai giusto la forza
di appoggiarmi al banco
e aspettare,
aspettare le mie bottiglie
e finalmente
andare,
e allora lasciai scivolare la moneta,
la moneta da 2 lungo il marmo,
e la guardai annegare in una pozza acquosa
che non era acqua
anche se,
dietro di me,
ancora si parlava del tempo
e che un temporale aveva minacciato
il lento
immobile proseguire
di un altro
ennesimo
pomeriggio siciliano.


Ma di acqua non se n’era mica vista
e questo fece ridere le donne inglesi
che invece la pioggia
la conoscevano bene
e una di loro si avvicinò al petto dell’italiano
e lesse qualcosa su una medaglia di metallo
e vide che lui
era nato in un piccolo paese del Sud
e allora tornò a mostrare i denti
denti perfetti in puro stile british
denti politicamente corretti
che si pronunciarono
in un volgare
sguaiato
Sunnydaaaaay
aperto davvero a tutti.

E allora,
solo allora
il barista tirò a sé la moneta da 2
e finalmente potei tornare a casa
a riprendere tra le mani
il mio piccolo elefante di tabacco
senza sentirmi in colpa,
non più di tanto.


Gianni Cusumano

16 ottobre 2010

IL BENE

Sono ordinatamente in fila per pagare il mio conto
altri sono a casa perchè non hanno peccato
tutte le mie sofferenze non fanno testo
qui la cassa prioritaria non esiste.
Cosa chiedo nei pomeriggi privi di poesia ?
Nelle sere dove ho poco spazio ?
Nel mio essere quel che sono, senza sconti
faccio la fila per pagare il mio maledetto conto
non mi spetta neanche un bicchiere di vino
non posso bestemmiare, devo pagare il conto.
Sono un vecchio imbecille coi sogni sporchi
ma non dentro il cassetto, i miei sogni li vomito
il mio diritto di vivere dignitosamente non fa testo.
E poi non voglio nemmeno lamentarmi
sono stato allevato nella cristianità
qualcuno ha anche più sete di me
non posso bestemmiare, devo pagare il conto.
Cosa chiedo alla mia penna ?
La fila è composta da persone
il mio cassetto ho dovuto distruggerlo
i miei sogni sporchi straripavano
bestemmiavo e bevevo vino
adesso bevo gassosa e mi pento
tutte le mie sofferenze non fanno testo
qui c'è la cassa massimo dieci sogni
invece mi sono invaghito del peccato
devo pagare il mio conto
e faccio la fila ordinatamente
sto male
troppo male
una cascata
il mio vomito
il bene.

amoddio

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