19 ottobre 2008

FACCENDE COLORATE

Quarant’ anni, due bambini, una moglie, “mezzo” cane nero dal morso facile, un quarto di vino rosso sul tavolo della cucina: cifre del mio avvento in casa Amaddeo. Il ritmo di fondo è piuttosto accelerato qui, tanto da far sperimentare a chi scrive la sensazione di venire risucchiata, per qualche ora, in una dimensione familiare “sismica” (affinchè si sgretoli la comune fantasia che i poeti vivano in una sorta di “penombra contemplativa” , quasi immuni dalla realtà quotidiana). Ci incontriamo per parlare di ciò che l’autore stesso considera una sorta di “effetto collaterale” del suo fare poesia : la pubblicazione dell’ antologia “CAMMINO”(ed. CITTA’ DEL SOLE, 2007), che raccoglie alcuni dei suoi versi più recenti. Dopo qualche minuto, piacevolmente stordita dai deragliamenti verbali del nostro poeta, abbandono definitivamente le mie ambizioni recensionistiche, tentando una parafrasi di ciò che desidera raccontare di sé. Pino Amaddeo scrive da quando di anni ne aveva 15. Nei primi tempi la poesia rappresenta per lui un meccanismo di difesa contro un dolore precoce, per poi lasciare spazio a riflessioni pungenti, ma mai ciniche, circa il peso che la menzogna e l’ipocrisia giocano sui comportamenti umani, o ancora all’affermazione di una diversità nel sentire, al ritrovamento dell’incanto in un ideale vasto, all’emancipazione personale dalla falsità. Nell’atto dello scrivere non avverte l’urgenza di essere mittente di un messaggio, pertanto non riconosce destinatari specifici, non si traveste da censore, non pretende che le sue emozioni abbiano riscontro al di fuori di sè. Porta all’esterno un materiale in evoluzione, che gli appartiene , nel tentativo di identificare tracce di verità, per diventare più simile , nei fatti, alla percezione che ha di sé stesso. Una poesia vissuta come “spazio liberato”, che trova completamento ed esaltazione in un’esperienza artistica “totale” come quella del laboratorio letterario “ Parole a Peso” , della quale Pino Amaddeo, da circa un anno e mezzo, è fautore e co-protagonista , contesto in cui le parole vengono stressate dalla musica , il poeta è chiamato ad essere attore ed il fruitore ad utilizzare tutti i sensi di cui dispone.
Mi appare estremamente divertito e compiaciuto, infine, quando si assimila alla figura di Giufà, quasi a voler provocare quanti lo tacciano di scarso pragmatismo ed anacronistica ingenuità. Saranno gli stessi che, loro malgrado, non possono evitare di riconoscersi nei versi che seguono?
Giusi Spagna
(YALLA-Associazione Culturale Liberi Tutti)

Stai fermo sul tuo piedistallo senza un briciolo d’orgoglio
stai fermo già al traguardo mentre io sto partendo
nella direzione opposta, verso le scalinate della gente.
Aspetti col fucile in mano la mossa del tuo avversario
ma non ti defecano addosso nemmeno i piccioni,
stai lì per caso, forse non lo sai, ma stai lì per caso.
Poca cosa è il tuo passo, poca cosa è il tuo dire
le tue faccende colorate servono a chi
ha cornici da sprecare o inchini interessati.
Strade per niente diritte cerchiamo noi
coltivatori di palesi azioni e canti d’amore.

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