20 giugno 2011

LA MORTE DI UN POETA

Poi quando sarò lontano, dove nemmeno il vento mi potrà raggiungere, nella differenza e dentro a quel dopo delle avventure o delle sventure ed aggrappato all' ultima gioia quasi a colori e dei vecchi rancori appassiti o circondati da un autunno che già sento mio. Ma forse scriverò ancora di solitudini e di allegre o pazze compagnie e radici ancora più forti di un urlo o di un saccheggio, nell' ordine delle cose incompiute, senza fame e certamente senza rabbia, clandestinamente sepolto nell'aria. Di bottiglie svuotate per sempre, belle parole smarrite nelle piazze che già piangono o il progetto di questa grandissima minchia e questa mia ora silenziosa, sarà anch'essa arrembante. Anime insoddisfatte, appena uscite dalla lavatrice proveranno a raggiungermi nell'asfalto, ma l’asfalto sarà già trasparente e li inghiottirà. Non credo nella mia salvezza, perché mai dovrei credere nella tua ? Tra l'altro ti ho anche scopato senza rabbia, tra l'altro e il presente passato, il sorriso dentro la pioggia battente o altrimenti poi vieni a raccontare che ti annoi ed a me non da fastidio ed a me non me ne frega un cazzo della tua noia. Sono questi soldatini qua, vestiti di bianco e di nero ed a volte anche di rosso , vestiti di niente e di buona educazione, vestiti, porco dio ! Mi viene da pisciare e le vostre bocche sono dei cessi perfetti, ma quali poeti deliranti ? Ma quale morte o quale vita salverà mai tutti questi miei peccati o quelle cose lì che alcuni chiamano incertezze o altri ancora protagonismo. Ascoltarti ? No, non ci siamo capiti, non voglio essere ascoltato, perché mai dovrei ascoltarti ? Non la sopporto l’idea di morire democraticamente, non è più possibile accertarsi sulle certezze. Non mi fido dei barboni perché mai dovrei fidarmi delle tue benedette convinzioni antagoniste ? Non ho mai più fame, non voglio più scopare o masturbarmi, mi sono spento assai e la colpa è solo mia, certamente che è solo mia, non sono mica comunista, non do la colpa agli altri per sentirmi un po’ comunista, ho pisciato prima, grazie. No… non voglio il caffè e nemmeno quel fottuto latte di mandorla. Mi sembra di essere già morto, mi sembra di vedere le vostre spalle già libere, si perché la favoletta del messia non è bruttissima, ma è troppo calcolata per quelle merde come te, ti han fatto sto cazzo di favore e adesso pensi di poter rompere i coglioni anche a questa mia condizione…tra la vita, la morte, il sogno e l’ebbrezza. Sono semplicemente una grandissima quantità di stupidaggini quelle che mi hanno raccontato, ma sono ancora sveglio e sono ancora vivo, non me ne frega un cazzo delle mie avventure, non me ne frega un cazzo delle tue convinzioni, ho pisciato prima e non ho più fame da quando mi hanno rubato le lacrime. Voglio solo piangere ma non riesco, mi hanno rubato le lacrime, non me ne frega un cazzo di chi me le ha rubate, voglio piangere, così domani sarò più lontano e me ne fotterò del vento e della differenza e delle sventure, dei miei peccati e delle pazze o allegre compagnie e delle urla e dei saccheggi, della democrazia, di tua sorella, della minchia, della tua e della mia salvezza, della mia colpa, della mia voglia di scopare o di masturbarmi e della libertà.

                                                                                                                              pino amaddeo


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